TimeRepublik: la social time banking dei talenti

Il tempo è denaro, ti senti dire da tutta la vita. Difficile controbattere essendo cresciuti in un mondo in cui si parla di tempo speso o guadagnato, tempo da amministrare, investire o risparmiare. Il senso di questa frase oggi potrebbe però essere completamente diverso da quello che intendeva Benjamin Franklin quando la scrisse.

Consigli a un giovane uomo d’affari (Advice to Young Tradesman), in cui compare la celebre “Remember that time is money” fu pubblicato nel 1748, momento in cui l’economia d’impresa stava nascendo, guidata da una visione positivistica che gettava le basi per l’Indipendenza degli Stati Uniti d’America, terra delle opportunità e delle possibilità.

Chi guarda lontano ci avvisa che le leggi del mercato stanno cambiando e la Terza Rivoluzione Industriale non è poi così lontana. Il sistema capitalistico alla base della nostra economia da oltre due secoli sta già facendo i conti con la nascente economia dello scambio, detta anche economia collaborativa o internazionalmente sharing economy, di cui Airbnb, Blablacar, Uber, Gnammo sono esempi di successo.

Nuove economie e nuova moneta

Gli aspetti più innovativi dell’economia collaborativa riguardano la creazione di rapporti di scambio basati sulla condivisione, di solito facilitata da una piattaforma online che fa da intermediaria fra chi mette a disposizione una risorsa (case, musica, auto, cibo, ecc.) e chi la utilizza. Lo scambio è detto peer to peer, adottando un termine mutuato dall’informatica, e cioè in rapporto di parità fra chi dà e chi prende. Questo significa anche che le aziende e i privati possono essere concorrenti nell’offrire un servizio e che ai parametri di valutazione classica si aggiungono nuovi indici, uno su tutti la reputazione digitale. La fiducia in un fornitore, in un prodotto o in un brand, oggi pubblicamente espressa attraverso le recensioni degli utenti è, infatti, sempre più determinante nelle scelte d’acquisto.

La sharing economy non è priva di difetti, un rapporto Barclays ne prevede il collasso entro qualche anno, definendolo un sistema capace di generare solo precarietà e monopoli. Al momento in Italia solo l’1% del Pil è imputabile ai mercati collaborativi, ma a livello internazionale il fatturato della sharing economy corrisponde a 15 miliardi e, secondo una proiezione della società di consulenza Pricewaterhouse Coopers (PwC), nei prossimi 10 anni la cifra è destinata a moltiplicarsi di venti volte, raggiungendo i 335 miliardi di dollari nel 2025.

Come scrive il Time non tutto quello che viene considerato economia collaborativa lo è fino in fondo. Dal punto di vista delle società che gestiscono le piattaforme forse sì, ma per le persone che usufruiscono di servizi come AirBnb o Uber si tratta comunque di scambiare denaro per un servizio. Il settimanale americano più famoso al mondo plaude invece il progetto italo-svizzero TimeRepublik – nuovo social network che permette lo scambio di talenti, definendolo un esempio di economia collaborativa più puro, più democratico. Il motivo?

La transazione fra chi offre e chi richiede una competenza non prevede l’uso di denaro, né di bitcoin, né di qualsiasi altro bene materiale. L’unica moneta in uso sulla piattaforma è il tempo. E il tempo, si sa, è una ricchezza di cui disponiamo tutti nella stessa maniera.

TimeRepublic, la Banca del Tempo 2.0

Tre anni di rodaggio come start up hanno permesso alla social time-banking nata nel 2012 a Lugano, di far crescere il progetto oltre ogni aspettativa. Premi internazionali e campagne di crowdfunding hanno sostenuto lo sviluppo della squadra, che oggi vanta ambasciatori e team dedicati in ogni continente, dagli Stati Uniti alla Russia, dal Brasile a Taiwan, oltre che in tutti i principali paesi europei.

Sulla piattaforma chiunque può iscriversi gratuitamente e dichiarare i propri talenti e capacità, oltre alla propria posizione geografica, mettendosi a disposizione della community. Possedere un profilo sulla piattaforma permette di fare e ricevere richieste per la prestazione di un servizio. Ogni iscritto ha un portafoglio del tempo (TimeWallet) che si arricchisce di ore come compenso per le prestazioni espletate e da cui attingere per richiedere servizi offerti da altri. L’algoritmo di TimeRepublik è pensato per segnalare i talenti anche in base alla vicinanza geografica, così da favorire la scelta di persone vicine per attività che richiedono la presenza fisica. Chi affida un incarico è invitato a lasciare un feedback sul profilo della persona ingaggiata. Una migliore reputazione e una rete di relazioni più vasta permettono di conquistare una visibilità maggiore.

L’idea alla base di TimeRepublik non è un’invenzione dei due fondatori Gabriele Donati e Karim Varini. L’ispirazione viene dalle Banche del Tempo (BdT), associazioni che vantano una storia trentennale. A loro volta le BdT sono una reinterpretazione della prima forma di scambio al mondo, il baratto.

Sharing-Economy-2

Dal Baratto ai Bit, Storia delle Banche del Tempo

Negli anni ’80, quando il Governo Thatcher chiuse i rubinetti dello stato sociale, alcune associazioni e piccole comunità diedero vita ai Local Exchange Trading System (LETS). Rispetto alle attività di volontariato o all’antico baratto queste sperimentazioni posero le basi per una vera economia alternativa creando un sistema basato su tre semplici regole:

– Il tempo come unica moneta di scambio.

– Uno vale uno, perciò un’ora di tempo di un ingegnere equivale a quello di una babysitter.

– Una rete di persone unite da un sistema di credito. Per avere bisogna dare, ma il credito guadagnato può essere speso in qualsiasi altro servizio messo a disposizione dal gruppo.

In Italia e in diverse città europee a inizio anni ’90 si avviarono i primi progetti sull’esempio della proposta inglese, ma fu a pochi chilometri da noi, a Santarcangelo di Romagna, che la prima BdT italiana riuscì nel 1994 a realizzare un vero sistema strutturato, presto esportato in tutto lo stivale. Oggi esistono circa 400 BdT italiane coordinate dalla Associazione Nazionale Banche del Tempo che offre supporto alle comunità organizzate in questa forma.

Social Time Banking, cosa cambia col digitale?

TimeRepublik non solo è la prima BdT Online, ma è anche la prima BdT Mondiale. Rispetto alle tradizionali associazioni i numeri che muove sono incredibilmente alti, nonostante il progetto sia ancora in fase di lancio.

Oltre 30 mila iscritti e più di 100.000 competenze proposte. Tutto questo prima ancora del rilascio della versione 3.0, quella ufficiale che è arrivata a ottobre 2015 insieme alla presentazione del progetto negli Stati Uniti.

La vocazione digitale di TimeRepublik si rispecchia anche nel tipo di talenti presenti: web, informatica, ma anche design, montaggio video, scrittura, fotografia, pr (tutte attività che oggi viaggiano via bit) ingrossano le file degli iscritti. La cosa non sorprende, anzi rispecchia esattamente la realtà professionale attuale, in cui il numero dei freelance specializzati in digitale cresce di giorno in giorno sia in Italia che all’estero.

Per chi da sempre ha creduto nel ruolo sociale e aggregativo delle BdT la virtualizzazione sembra un limite (lo spiega in questa intervista Maria Luisa Petrucci, presidente Associazione nazionale Banche del Tempo), ma come per la frase di Franklin, forse anche il significato di sociale oggi non ha più lo stesso senso di un tempo.