Spie, tatuaggi, armi e poesia – Intervista a Nicolai Lilin

Un ragazzo di origini russe, con un passato torbido, arriva in Italia dove si guadagna da vivere come tatuatore. Scrive un racconto autobiografico che si impone come caso letterario. Qualche anno dopo Gabriele Salvatores lo trasforma in film. E diventa famosissimo. Nicolai Lilin esplode nel 2009 con Educazione siberiana, “un romanzo come se ne leggono pochi” dirà Roberto Saviano,  in cui racconta il mondo in cui è stato educato, quello degli Urka siberiani, con il suo codice morale, i suoi rituali e i suoi simboli. Da quel 2009 ad oggi Lilin ha scritto tanti altri libri : Caduta libera, Il respiro nel buio, Storie sulla pelle, Il serpente di Dio, portandoci in un mondo dove si incrociano le storie dei criminali onesti e politici corrotti, guerra e terrorismo, amore e tatuaggi, nella cornice di una Russia segnata da profonde ferite. E passando anche per delle mine anti-uomo fornite da San Marino …  Nicolai Lilin, per la prima volta sul Monte Titano, ha presentato Spy story Love story al Salotto di Villa Manzoni, promosso dall’Ente Cassa di Faetano.

Nicolai, un libro all’anno, è una faticaccia! Hai intenzione di continuare con questo ritmo?
Quest’anno ne faccio due in realtà … Per Natale (si intende Dicembre 2016, ndr) sto preparando un libro un pò inusuale: una raccolta di fiabe criminali che ho conosciuto grazie a mio nonno. Sarebbero le fiabe che una volta i delinquenti raccontavano ai propri figli prima di andare a dormire. Il mondo viene rovesciato: lo Zar, i burocrati corrotti, la polizia che lo protegge, sono i cattivi e invece la gente semplice, il criminale viene rappresentato un po’ come Robin Hood.

Educazione Siberiana è la tua opera prima, che ha avuto un successo incredibile. Te lo aspettavi?
No…pensavo avrebbe venduto tremila copie …

Invece …
Dico solo che nei primi giorni è stata venduta tutta la tiratura che erano 45.000 copie e per alcuni giorni i negozi sono rimasti senza libri. Quindi c’è stata un’agitazione e gli editori hanno dovuto chiamare la stamperia di Bolzano: c’erano i folletti che hanno lavorato di notte per stamparne nuove copie!  Mai avrei pensato ad un successo del genere.

Ad una prima lettura è come sbarcare su un pianeta sconosciuto. Cito un passo: “Noi venivamo educati all’arma. Io sono cresciuto con un nonno che aveva una stanza piena di fucili, pistole e altro e all’età di tredici anni andavamo a pesca con le bombe a mano. Questa era la nostra realtà! Qua i bambini giocano con i lego, noi giocavamo con le bombe. Nei miei momenti di relax o pulisco i miei fucili o leggo la Divina Commedia.” I fucili e la Divina Commedia … sembra una contraddizione in termini. Che tipo di educazione è questa? E perché “siberiana”?
Siberiana perché la mia famiglia, ha origini ed è di tradizioni siberiane, quindi anche se io sono nato lontano dalla Siberia – dove finirono negli anni ’30 / ’40 i miei bisnonni – comunque mi è stata tramandata quella cultura: la caccia, il bosco, il dover conoscere il peso della vita e della morte, saper sopravvivere. Tutto questo è si un insieme di ossimori, perché è difficile capire come possono stare insieme morte e rispetto per gli esseri viventi. Però nella nostra cultura della caccia è così: si uccide solo per poter mangiare. Si uccide ma la bestia va rispettata, non la uccidi per divertimento ma perché sai che lei ti da la vita. E’ molto diverso da quello che oggi è la caccia … andavano più uomini insieme, ammazzavano un animale, poi dicevano la preghiera e la lavoravano al momento, ne lasciavano una parte al bosco e una parte se la portavano addosso perché una delle regole regole più importanti è che non bisogna cacciare più di quello che puoi portare addosso. Se uccidi un alce ma sei da solo sei una persona stupida: non riuscirai a portare a casa niente e la mangeranno i lupi e questo creerà uno squilibrio nel bosco, perché un lupo che mangia un alce ammazzata da te non uccide poi un animale malato e quindi si rovina l’ambiente naturale. Questa era la nostra educazione.

Chi ti ha insegnato queste cose?
Mio nonno, ma in Russia li chiamiamo tutti “nonni” i vecchi di famiglia …  in realtà lui era quello che in Italia definite prozio, che era una persona speciale. Viveva in Jacuzia, lì dove vivevano i nostri antenati, in mezzo al bosco. Sono stato da lui molte volte e ho avuto la fortuna di imparare molte cose della sua vita.

C’è un altro ossimoro che colpisce: il concetto di “criminalità onesta”.
Questo ossimoro non l’ho inventato io, ho conosciuto vecchi che si definivano così: sono le persone che commettono un crimine non per arricchirsi ma per un’idea, l’idea che il potere corrotto dei politicanti, della finanza e dell’economia, non può prevalere sulle persone libere. E le persone libere devono poter resistere a questa forma del male che oggi infatti ci sta sovrastando. Ricordo il momento in cui mio nonno regalandomi il coltello mi disse: “L’armatura rende un uomo cavaliere del re, ma il semplice coltello rende un uomo cavaliere del popolo.” Mi emozionò molto perché sentii di appartenere ad un mondo di persone degne, che avevano un loro codice, non come i delinquenti comuni, quelli che facevano male alla gente semplice, derubando i poveri pari a sé stessi.

Quindi c’era un codice anche valoriale, d’onore, molto molto forte.
Un codice c’era ed era molto complicato. Partiva da regole di comportamento ed arrivava ad una specie di vero e proprio codice penale dove venivano inseriti i crimini che non si potevano fare, come ad esempio il traffico di droga e lo sfruttamento delle persone. Assolutamente non si poteva privare una persona di libertà, non si poteva legare le mani a nessuno, quindi paradossalmente quando dovevano prendere qualcuno e trasportarlo, gli rompevano le mani e le gambe! C’era poco di umano ma questo era il senso di fedeltà morale a quegli insegnamenti che sono stati tramandati dai loro nonni, bisnonni, fino alla mia famiglia e a me.

In tutto questo emergono i tatuaggi come codice segreto che racconta una persona. Anche tu hai imparato a tatuare, puoi svelarci qualcosa di questo linguaggio segreto?
Il segreto non si può assolutamente svelare … è un codice complesso che somiglia molto ai geroglifici. Quella siberiana è una delle tradizioni più antiche al mondo: la più antica mummia tatuata mai ritrovata ce l’abbiamo noi, ha cinquemila anni, si chiama Principessa Ukok e ha addosso simboli molto complessi che parlano di una cultura già molto antica e molto ricca. Poi questa tradizione si è evoluta. Anche Gengis Khan, che proveniva da dal nord della Mongolia che in realtà era la Siberia, aveva addosso il simbolo del suo clan, il pesce, e questo ci fa capire come il tatuaggio fosse un segno di riconoscimento essenziale, una specie di carta d’identità, che poi piano piano si è trasformato in un linguaggio capace di nascondere tutto quello che riguarda la persona, sia il vissuto che gli aspetti più intimi.

Il tatuaggio oggi è soltanto una moda, oppure mantiene un valore culturale?
Secondo me una persona che si tatua già fa un passo verso qualcosa di sacro. Anche se uno lo fa con leggerezza, comunque fa un rituale che per me è molto importante e quindi non mi sento di trattare tutte queste persone con leggerezza. Ho grande rispetto anche per tutti i colleghi tatuatori. E’ però vero che ultimamente il consumismo ci ha portato a semplificare un po’ tutto …

Sogni in russo o in italiano?
Me lo ha chiesto anche la mia figlia più grande: a volte mi sveglio e penso in italiano e mi rendo conto che ho sognato in italiano, a volte faccio lo stesso in russo, un misto.

Oltre a tantissimi estimatori ci sono stati anche interventi pesanti sulla stampa in cui fondamentalmente si dice che hai raccontato un sacco di bugie. Come stanno le cose?
Questi articoli e i loro autori a mio parere fanno parte di quel filone giornalistico che si guadagna da vivere attaccando qualcuno. Posso solo dire che la genesi di questi attacchi la si deve al fatto che quando è uscito Educazione Siberiana il responsabile per la cultura di un importante quotidiano voleva a tutti i costi l’esclusiva sul lancio, ritenendosi grande esperto del mondo russo, mentre io ero d’accordo con Einaudi che avremmo dato l’esclusiva al primo giornalista che si fosse sinceramente interessato al libro. Questo fu Roberto Saviano, che è stato il primo a leggersi le bozze in una notte di viaggio in aereo, e poi ne scrisse su La Repubblica.

Apriamo una parentesi sammarinese: tra gli anni ’90 e gli anni 2000 comparve qui a San Marino un tale Mario Scaramella collegato con l’affare Mitrokhin. Poi ci fu il caso Litvinenko la spia russa morta a Londra, che avrebbe avuto collegamenti con Scaramella. Nel tuo libro “Caduta Libera”, racconti di mine anti-uomo fabbricate a San Marino, vendute in Russia per la guerra in Cecenia. Quando venne fuori questa cosa, qualcuno dei nostri Parlamentari fece anche un’interpellanza in Consiglio, il Tribunale aprì un fascicolo ecc … Puoi dirci qualcosa di questi strani collegamenti  San Marino – Russia?
Dell’utilizzo di mine provenienti da San Marino sono venuto a conoscenza proprio mentre combattevo in Cecenia, tramite un nostro ufficiale di collegamento dei servizi russi, che come altre persone legate al reparto analitico aveva molte informazioni. Negli anni successivi ho approfondito la questione ed scoperto da ex agenti dei servizi italiani che aziende di San Marino facevano da intermediari nella vendita, quindi non le producevano direttamente. Sulla prima domanda invece, perdonami, ma si vede che non sapete nulla dell’ambiente dei servizi segreti … I nomi che girano sono sempre falsi. Anche se questo Scaramella esiste probabilmente è un povero cristo che non c’entra niente.

Spy story love Story, Einaudi 2016

Arriviamo alla tua ultima creatura, “Spy story Love story”: ho avuto l’impressione che qui ci sia molto spionaggio e poco amore, sbaglio?
Ogni popolo ha una propria concezione dell’amore. Voi italiani e sammarinesi siete bellissimi, avete una visione dell’amore molto romantica e legata alla passione. Noi in Russia abbiamo una visione un po’ diversa, più drammatica: la nostra storia d’amore non deve per forza andare bene e lo vediamo anche nei nostri grandi classici come Dostoevskij, Tolstoj ecc . Da noi l’amore è soprattutto quel sentimento che arriva da Dio, è un dono che l’uomo riceve in un certo particolare momento della propria vita e gli può fare bene o gli può fare male. Nel mio libro il protagonista non ha trovato l’amore italiano, ma quello russo!

Leggo poche righe, che descrivono il protagonista: “ Ha imparato da piccolo a disprezzare la gente. Del resto se cresci in un ambiente organizzato sullo schema eroina al mattino tritolo la sera, è molto difficile sviluppare una visione positiva nei confronti della società che ti circonda.” Qualche riga dopo: “Di solito se nasci e vivi in un posto simile, hai due modi per dissolverti nella grande corrente, diventare delinquente con alte probabilità di morire prima di compiere trenta anni (…) oppure piegarti a quattro di fronte l’ipocrisia della società civile, strisciare ai suoi piedi e rimanere così in quella posizione fino alla morte (…) .” Nicolai, quanto c’è di autobiografico in Alyosha?
Beh qualcosa c’è perché io sono un figlio di periferia e sono cresciuto con ragazzi così. Io non ero così turbato, però i sentimenti di cui parlo sono sentimenti vissuti: i ragazzi di periferia erano piccole persone abbandonate, lasciate sole in un mondo complicato, dove nessuno doveva niente a nessuno e per ottenere qualcosa bisognava “strapparlo dalle mani di Dio”. Quasi tutti sono morti, pochissimi sono riusciti ad integrarsi. Questa era la nostra realtà. Così siamo nati e così siamo cresciuti.

Coprotagonista del libro è Rakòv, un vero boss mafioso che a un certo punto della sua scalata al potere arriva fino alla Duma. E’ un personaggio inventato o c’è qualcosa di vero? Descrivi la Russia di oggi o una Russia un po’ romanzata?
Questa metastasi criminale che affligge il sistema amministrativo-governativo è completamente reale, ma credo riguardi tutto il mondo ormai. In Russia abbiamo diversi criminali che hanno tentato di arrivare al potere, hanno tentato di diventare presidenti. Quello che io volevo raccontare in questo libro non è la corruzione di oggi ma da dove questa ha avuto origine: il caos degli anni ’90 dopo il crollo del muro di Berlino. La nuova categoria dei criminali era ancora più spregiudicata di quella precedente e ha trasformato la Russia in un campo di battaglia dove ogni banda si sparava per il dominio di un supermercato, di un lavaggio d’auto… I sopravvissuti sono quelli che oggi detengono il potere. Sono quelli che buttano 5.000 euro sul tavolo del ristorante qui a Rimini e il povero cameriere non sa cosa fare, ha paura di prenderli. Queste persone si trascinano dietro lunghissime scie di sangue. Io volevo raccontare questo: dove sono arrivati e cosa diventano quando capiscono che nella loro vita hanno distrutto e basta.

Per quanto disordine e caos ci sia nella vita di questi protagonisti, tutto paradossalmente gira intorno alle regole.
Le regole ci sono in qualsiasi contesto, anche in un carcere, perché servono a regolarizzare semplici o complicati processi umani. Per quello che ho visto io quando ero ragazzo negli anni ’90, nelle comunità criminali c’era tanta ipocrisia, si parlava tanto di fratellanza poi appena si arrivava ad avere in tasca due soldi rischiavi di essere ammazzato dal tuo migliore amico. Alla fine l’unica legge è quella del più forte.

C’è un passo che mi è sembrato molto interessante: “Qui viviamo in un’epoca in cui la normalità è un valore. Non facciamo altro che etichettare: persone disabili, bambini difficili, società primitive. Ci permettiamo pure di chiamare certi paesi terzo mondo (…). Ci vantiamo di essere civili perché sosteniamo i matrimoni gay, il giorno dopo mettiamo a ferro e fuoco un paese per un pozzo di petrolio. Manifestiamo per i diritti delle donne, poi le trattiamo come schiave (…). Siamo convinti di avere ragione perché possediamo tecnologie avanzate e siamo in grado di consumare come nessun’altra civiltà prima di noi; però sempre più spesso, in questo mondo pieno di gente ci accorgiamo di essere soli”. 
Qui è Marta che parla, l’eroina del romanzo, che segna la svolta nella vita di Alësa. E’ anche un passaggio che segna la grande differenza con Educazione Siberiana, quindi c’è come un percorso. Dove vuoi portarci?
E’ una bella domanda… Sai, quando scrivevo Educazione Siberiana io ho immaginato di raccontare ad un caro amico una bella storia sulla mia infanzia, i miei amici, raccontata però come mio nonno mi raccontava le fiabe, le storie e le leggende, quindi arricchendola con la narrazione… qua forse sono andato un po’ giù pesante.

Torni volentieri in Russia? Come la vedi?
L’ultima volta ci sono stato nel 2009. L’Ho trovata cambiata e quel che ho visto non mi è piaciuto. Amo il mio paese, amo le mie persone, i vicini, gli amici, anche gli sconosciuti ma credo che l’arrivo della globalizzazione non ci abbia fatto bene… ne abbiamo preso solo il peggio, forse perché eravamo un po’ ingenui e forse perché un po’ ci conveniva. E non posso non criticare il fatto che dopo 15 anni il mio paese è governato ancora da una persona che proviene dall’ambito militare. Ho un grande rispetto per Putin però si poteva cercare uno sbocco diverso, ma ho capito che culturalmente non siamo ancora pronti.

Da quanto non prendi in mano una pistola?
Da oggi!

Ah!
Il rapporto con le armi è rimasto sempre… io sono molto fedele alla mia educazione. E poi considera che qui in Italia ho ricevuto minacce da integralisti islamici che mi hanno messo anche una bomba – fatta male, ma comunque una bomba – sotto la macchina, a Torino, e quindi fino a poco tempo fa giravo armato. Stava diventando una sorta di malattia psicologica da cui adesso cerco di liberarmi. Oggi sono venuto qui disarmato.

Per finire la domanda di rito: cosa c’è dietro l’angolo per Nicolai Lilin?
Sto scrivendo un prossimo libro come ti dicevo che saranno fiabe criminali e sto scrivendo anche contemporaneamente un altro romanzo. E poi mi hanno comunicato stamattina che “Spy story love story” diventerà un film! Per ora non posso dire di più .. . Poi ho disegnato un nuovo coltello con Maserin e proseguo l’attività con il mio studio di tatuaggi perché è l’unica cosa che mi rasserena.

>> Guarda il video report della serata

> Ti è piaciuta l’intervista a Nicolai Lilin? Vai sul nostro canale Youtube e guarda i video di Valerio Massimo Manfredi, Safiria Leccese, il Dottor Costa e altri. Vai ai video

> Per saperne di più sugli incontri del Salotto di Villa Manzoni visita il sito web

> Per conoscere meglio l’attività dell’Ente Cassa di Faetano – fondazione Banca di San Marino visita il sito web

*****

L’intervista è tratta dall’intervento di Nicolai Lilin al Salotto di Villa Manzoni (San Marino, dell’11 luglio 2016)  promosso dall’Ente Cassa di Faetano, coordinato e condotto dalla giornalista Angela Venturini.