ESG: finanza e sostenibilità, una sfida che parla di persona, ambiente, futuro

Che il mondo della finanza e quello della sostenibilità dovessero iniziare a dialogare, è diventata un’evidenza. Lo stretto legame che intercorre tra le scelte economiche e la vita di popoli, persone e ambiente, insieme al costante aggravarsi della questione climatica, ha portato alla fioritura di una sempre maggior sensibilità etica riguardo a valori quali il rispetto della persona, della comunità in cui vive e del mondo che abita.

Il mondo della finanza ha iniziato a recepire queste istanze nel 2005, racchiudendole nell’acronimo ESG che sta ad indicare i temi dell’ambiente, del sociale e della governance, assumendoli come fattori rilevanti nella valutazione di un investimento. Di fatto il perimetro ESG comprende le questioni più rilevanti che sono oggi sul tappeto delle agende politiche e sociali dei principali paesi, ulteriormente sollecitati da fatti dirompenti come la pandemia, lo scoppio del conflitto Russia-Ucraina e la conseguente crisi energetica. Non siamo pertanto di fronte ad una moda, quanto alla necessità di coordinare gli obiettivi di buone pratiche con le azioni concrete delle imprese, in modo da realizzare un percorso virtuoso che coinvolga tutti gli attori.

Per approfondire questi argomenti, si è svolta a San Marino la seconda edizione del “ESG: Workshop di Alta Formazione”. L’evento è stato organizzato da BM&C Società Benefit, – in collaborazione con Banca di San Marino ed Ente Cassa di Faetano – ed ha riunito sul Titano esponenti del mondo degli investitori istituzionali italiani, oltre ad ospitare qualificati partecipanti sammarinesi.

Accogliamo sul Blog Futuro da una Vita un articolo di Raffaele Bruni, partner di BM&C | Società Benefit, coordinatore dell’evento ed appassionato studioso dell’argomento.

Di cosa parliamo quando parliamo di ESG?

Procediamo con ordine e iniziamo a disegnare il perimetro degli ESG. L’acronimo definisce, partendo dai termini inglesi, l’ambito ambientale, sociale e di governance (Environmental, Social, Governance)

I temi ambientali si riferiscono all’insieme di fattori e di politiche che devono essere attivati per realizzare una sostenibilità dello sviluppo che sia rispettosa dell’ambiente. Il tema ovviamente viene declinato in diversi obiettivi, ma vi sono alcune questioni che hanno assunto una rilevanza prioritaria alla luce della necessità di porre un freno ai cambiamenti climatici. Ecco allora che la “E” designa, da una parte, le pratiche delle istituzioni pubbliche e delle imprese che si adeguano ai temi della salvaguardia ambientale e, dall’altra, definisce un sistema di valutazione delle singole imprese rispetto alla loro adesione a queste pratiche.

Il Sociale, “S”, viene considerato nella misura in cui si riconosce che non può esistere uno sviluppo sostenibile che non sia supportato dal superamento degli squilibri della crescita, sia a livello internazionale che all’interno dei singoli stati.

La componente “G” individua il tema della Governance, cioè l’insieme delle norme e delle procedure che definiscono il modello con il quale viene gestita un’associazione, un ente o una società, nonché il sistema delle relazioni con i vari attori esterni con i quali il soggetto si interfaccia a vario titolo. Nell’accezione ESG il perimetro della governance va ben oltre i confini dei soggetti interni dell’istituzione, coinvolgendo anche tutti gli stakeholder, i portatori d’interessi, che a vario titolo interagiscono con la società, qualificando in questo modo l’impatto dell’attività d’impresa sull’ambiente esterno.

Perché è necessario oggi affrontare il tema ESG?

La risposta può essere declinata in vario modo a partire, ad esempio, dalla rilevanza che le emergenze ambientali hanno nella percezione delle opinioni pubbliche mondiali. Allo stesso tempo i temi della sostenibilità sono stati assunti e sviluppati all’interno delle principali legislazioni nazionali e internazionali, al fine di orientare le scelte istituzionali nonché il mondo della produzione.

L’ipotesi di lavoro dell’Unione Europea è che la strada più veloce per produrre un cambiamento del sistema economico in senso sostenibile sia quella di imporre al mercato finanziario di orientare le proprie scelte di investimento sulla base di obiettivi ESG in modo da premiare le imprese che si impegnano maggiormente in questo senso. Questo indirizzo, secondo il legislatore, dovrebbe provocare un allineamento progressivo di tutte le imprese in modo da non vedersi penalizzate nell’accesso alle risorse finanziarie.

“L’ipotesi di lavoro dell’Unione Europea è che la strada più veloce per produrre un cambiamento del sistema economico in senso sostenibile sia quella di imporre al mercato finanziario di orientare le proprie scelte di investimento sulla base di obiettivi ESG in modo da premiare le imprese che si impegnano maggiormente in questo senso.”

La normativa è diventata, come vedremo molto pervasiva e si sta traducendo in prescrizioni molto dettagliate che dettano regole di comportamento prescrittive per le imprese. Se l’Unione Europea è sicuramente lo spazio normativo più avanzato, tutte le potenze mondiali si sono allineate a questo orientamento anche per dar seguito agli impegni assunti in sede di recepimento dell’Agenda 2030 nelle Nazioni Unite, ovvero dell’accordo di Parigi sul clima.

Anche il mondo del credito inizia ad essere direttamente investito in queste problematiche dopo l’avvio degli stress test richiesti dalle autorità di regolazione che puntano a valutare l’impatto, ad esempio del rischio climatico, su tale settore. Tra non molto la valutazione del rischio di sostenibilità entrerà a far parte del set di valutazione delle imprese in sede di erogazione del credito e, attraverso il diverso rating, indirizzerà selettivamente gli impieghi verso le imprese più virtuose. Questo significa che le Banche saranno costrette a loro volta a considerare l’esposizione di ogni impresa creditrice rispetto agli standard ambientali e questo finirà per penalizzare le imprese che non si allineano agli standard nell’accesso al credito, o per lo meno renderà lo stesso più costoso.

Un altro modo di approcciarsi alle tematiche ESG è quello di riferirsi al concetto di sviluppo sostenibile. Ma cosa individua questo termine?

Senza addentrarci troppo nel tema, esso rimanda ad una elaborazione teorica svolta nell’ambito delle Nazioni Unite. Se volessimo trovare un primo momento da cui far partire questo dibattito potremmo riferirci a un documento del 1980, “World Conservation Strategy. Living Resource Conservation for Sustainable Development” redatto dallIUCN, l’Unione Internazionale per la Conservazione della Natura, dove i termini “sviluppo” e “sostenibile” sono combinati tra loro, e che si chiude con una affermazione perentoria “Che la conservazione e lo sviluppo sostenibile siano reciprocamente dipendenti può essere illustrato dalla difficile situazione dei poveri delle zone rurali. La dipendenza delle comunità rurali dalle risorse biologiche è diretta e immediata”.

Lo stesso concetto viene ribadito nel cosiddetto Rapporto Brundtland del 1987, famoso anche per aver proposto la prima definizione condivisa di sviluppo sostenibile. Il rapporto, promosso dalle Nazioni Unite, individua una strettissima corrispondenza tra degrado ambientale e povertà, tra emarginazione sociale ed economica e diseguaglianza nell’accesso alle risorse naturali. L’unica strada percorribile per realizzare l’obiettivo di sostenibilità è così, secondo gli estensori del rapporto, quella di promuovere una maggiore prosperità nel senso più ampio del termine, garantendo migliori condizioni ambientali e di vita alle popolazioni.

Ma un salto di qualità si è avuto con l’elaborazione dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite, il punto più alto della riflessione sulla sostenibilità. L’Agenda fissa 17 obiettivi di sviluppo sostenibile che, secondo le 193 nazioni che hanno sottoscritto il documento, dovrebbero essere raggiunte entro il 2030.

La situazione attuale

Se i temi di cui stiamo parlando riscuotono un alto livello di condivisione non possiamo dimenticare che essi incontrano ostacoli nella loro realizzazione, sia nell’ambito dell’effettivo impegno dei singoli stati, sia nel divenire degli eventi esterni.

La tesi che ho posto alla base del convegno a San Marino nasce dalla convinzione secondo la quale i fattori di crisi, che con sempre maggiore frequenza si susseguono nel nostro secolo, sono destinati ad aumentare le disparità. Di conseguenza non si possono affrontare le tematiche ESG se non contestualizzandole nel nuovo scenario, che più che mai è attraversato da crisi molto rilevanti. In questo senso la pandemia prima e la guerra dopo hanno interrotto molti progetti virtuosi.

Per “materializzare” questa affermazione invito tutti a leggere un lavoro del 2021 che un gruppo di ricercatori ha elaborato per OXFAM, la rete di organizzazioni che lavora in 90 paesi del mondo per affrontare il problema della fame. Il punto di partenza dell’analisi è proprio la pandemia e il titolo del lavoro è già di per sé indicativo del suo contenuto, “The Inequality Virus”. Secondo lo studio “Gli storici dovranno verosimilmente raccontare la pandemia come il primo evento, da quando esiste una memoria dei dati, nella quale le ineguaglianze sono cresciute nello stesso momento contemporaneamente in ogni paese del mondo”.

Un altro recente studio delle Nazioni Unite conclude “che potrebbero esserci aumenti della povertà di entità sostanziale: fino a 400 milioni di nuovi poveri che vivono al di sotto della soglia di povertà di $ 1,90, oltre 500 milioni di nuovi poveri che vivono al di sotto della soglia di povertà di $ 5,50”. Insomma, la pandemia verosimilmente ha fatto crescere le ineguaglianze in una misura come non si era mai registrata prima e ha quindi allontanato in modo rilevante gli obiettivi della crescita sostenibile, riportando indietro, in alcune aree della terra, le lancette della storia di oltre venti anni”.

Il fattore “S”

Per questo ritengo che quando parliamo di politiche più prettamente ESG, dobbiamo riflettere sulla componete “S”, cioè sulla componente sociale. Il rischio, infatti, è quello di concentrarsi solo sulle questioni ambientali, come se esse, da sole, fossero in grado di rappresentare lo sviluppo sostenibile. Ciò non significa disconoscere l’emergenza ambientale, quanto evidenziare il pericolo di una deriva solamente green del dibattito sulla sostenibilità.

Dobbiamo, invece, partire dai temi sociali anche perché essi determinano in modo significativo anche i temi ambientali. Perché l’incremento delle disuguaglianze conduce a trasformazioni nei modelli di consumo, nei processi produttivi e nelle scelte di investimento che hanno un impatto negativo per l’ambiente.

In un lavoro del 2022, che raccoglie diversi studi internazionali (Financial Crises, Poverty and Environmental Sustainability”), si sostiene la tesi che ogni crisi finanziaria determina un peggioramento del livello di sostenibilità ambientale, come ad esempio dimostra il fatto che dopo la crisi finanziaria globale del 2007-2008 si è registrato il più elevato tasso di crescita delle emissioni di CO2. Allo stesso modo la guerra, con i suoi problemi di approvvigionamento energetico ha ridato fiato ai combustibili fossili, e il carbone, che era stato di fatto escluso dalle fonti energetiche, deve essere recuperato in questo tempo di crisi.

Credo che risulti evidente come sia indispensabile condividere l’idea che non esistano scorciatoie legali e normative per affermare principi che coinvolgono direttamente le persone. Allo stesso tempo sono però convinto che questo impianto possa funzionare solo se supportato da un forte supporto ideale. Dove per ideale non intendo certamente il rimando a narrazioni del passato o qualsivoglia mira utopistica, quanto il recupero di quella che è stata la genesi e la storia dell’affermazione della centralità dell’uomo. Una centralità, secondo me affonda le sue radici in quel mondo dell’umanesimo e del rinascimento che costituisce il fuoco ideale grazie al quale sono potute nascere le moderne idee di welfare.

Un’eredità che va recuperata spogliandola dei substrati ideologici che ne hanno dato una deformazione corrotta: che la povertà sia da combattere è una costante che caratterizza storicamente la nostra cultura identitaria europea. E’ questa una verità che spesso viene volutamente fraintesa per motivi squisitamente politico ideologici.

In conclusione

I temi ESG sono quindi una grande occasione per un ripensamento delle politiche istituzionali e aziendali, nonché dei comportamenti dei singoli. I temi della sostenibilità non possono, infatti, essere interpretati solo come una questione “di moda” passeggera. Al contrario essi sono destinati a diventare una componente fondamentale delle società che si va costruendo.

E’ quindi una grande occasione anche per San Marino, che grazie alle sue dimensioni, può diventare un laboratorio di sperimentazioni virtuose, e al tempo stesso per Banca di San Marino che – forte delle sue tradizioni –  può declinare questi temi in termini di supporto e di sostegno concreto ai progetti delle persone e delle famiglie.

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