L’Eroica, in sella fra passato e futuro

Le lunghe domeniche di ciclismo in televisione, le dirette che iniziavano prima di colazione, proseguivano durante il pranzo in famiglia e terminavano all’ora della merenda. Padri e nonni seduti in poltrona pronti a segnalare un sorpasso, una caduta, la salita più dura del Giro. Sgargianti cappellini di cotone, ormai sostituiti dai più sicuri caschi, e anche le biglie che si vincevano ai giochi in spiaggia, con i ritratti dei ciclisti che fino a qualche decennio fa erano famosi quanto e forse più dei calciatori.

Anche senza aver mai avuto una vera passione per il ciclismo, nei ricordi di chi ha superato i trent’anni, queste immagini sbiadite sono le prime a riprendere colore nello scoprire che esiste un evento in Italia per amanti del ciclismo su strada alla vecchia maniera.

L’Eroica, così si chiama la manifestazione cicloturistica che evoca il ciclismo del passato, si svolgerà il prossimo 2 ottobre 2016 lungo le pittoresche vie delle colline del  Chianti, dove ancora molti tratti di strada sono bianchi e non asfaltati.

Foto da: eroicagaiole.it

Foto da: eroicagaiole.it

La corsa nasce nel 1997 per volontà di Giancarlo Brocci, scrittore, giornalista e appassionato di ciclismo e della sua terra, Gaiole in Chianti, punto di partenza e di arrivo de L’Eroica. Ma le radici di questa corsa, come racconta Brocci, sono molto più lontane nel tempo e si fondano sul mito di un ciclismo d’annata e su valori sportivi a rischio di estinzione: la bellezza della fatica e il gusto dell’impresa.

Dell’unicità di questa corsa, che negli anni è stata esportata anche all’estero e oggi conta tappe in California, Giappone, Spagna, Sud Africa e altre ancora, spicca il rigido regolamento che prevede l’uso di biciclette costruite prima del 1987, ma gli esemplari migliori in gara sono quelli di inizio Novecento o del secolo precedente, abbigliamento e accessori d’epoca e una grande motivazione già in fase di iscrizione. Sono infatti “solo” cinquemila i partecipanti ammessi, provenienti da tutto il mondo, ma ogni anno le richieste sono molte di più.

Foto da: cyclingweekly.co.uk

Foto da: cyclingweekly.co.uk

L’estetica vintage, il rigore dello stile, l’originalità sono i primi elementi in gara in questa competizione, in cui vincere è forse la cosa meno importante. Chi partecipa con una bici di fine Ottocento sa di non avere vita facile sulle salite del Chianti, ma lo spirito eroico che lo accompagna lungo i 209 chilometri è quello giusto, quello da podio.

I veri eroici sono portabandiera anche di valori trasversali, quali l’attenzione al patrimonio ambientale, ad uno stile di vita sostenibile, e allo sport pulito. Un incentivo molto apprezzato è poi quello enogastronomico. Lungo i quattro percorsi, dal più semplice di 47 chilometri al più estremo di 209 chilometri, i punti ristoro propongono il meglio della cucina toscana.

A contorno della gara diversi eventi, mostre scambio, concorsi di eleganza in tenuta sportiva ed escursioni per le famiglie che accompagnano gli eroici. L’evento infatti è diventato in breve un’occasione in più per promuovere il bellissimo entroterra toscano, con pacchetti turistici dedicati e tante proposte rivolte al turismo di qualità.

Foto da: eroicagaiole.it

Foto da: eroicagaiole.it

Un Eroico fra noi

Un po’ per vivere un’esperienza diversa dal solito, un po’ perché l’unicità di questo evento ha raggiunto ormai un pubblico vasto, e forse anche perché il titolo di Eroico premia di tutte le fatiche, negli ultimi anni sono tanti i cicloamatori che, pur non essendo collezionisti, scelgono di tentare l’impresa. Fra questi Denis Scarponi, un collega di Banca di San Marino, esperto di Capital Markets e appassionato di bici da una vita, che ci ha fatto conoscere la cicloturistica di Gaiole in Chianti dopo aver partecipato ad una delle passate edizioni. Ecco cosa ci ha raccontato il nostro Eroico sulla sua esperienza:

Denis Scarponi (primo a destra nella foto) dipendente BSM dal 1989. Data 7/10/2012

Denis Scarponi (primo a destra nella foto) dipendente BSM dal 1989. Data 7/10/2012

Chi ti ha trasmesso la passione per il ciclismo?

Mio papà era appassionato, guardava le gare in tv ma non ha mai praticato. Io invece ho iniziato a correre dall’età di 10 anni. Ricordo la soddisfazione della prima volta che sono riuscito a fare Dogana – Città (San Marino). Una gioia indescrivibile per me che avevo appena 12 anni, ancora mi emoziono a pensarci.

La mia prima bici da corsa è stata la mitica Vicini, color nocciola chiaro. Le bici di allora erano in acciaio e pesavano molto di più di quelle di oggi. Quel modello, con i rapporti duri che richiedevano grande sforzo e il telaio in acciaio, di tanto più pesante delle bici moderne, è proprio un modello da Eroici.

Chi sono i tuoi miti ciclistici del passato? E del presente?

Sono cresciuto con Saronni e Moser. Coppi e Bartali non correvano più ma da appassionato li ho scoperti poi, documentandomi. Erano passati anche i tempi del cannibale (Eddy Merckx).

Oggi continuo ovviamente a seguire le gare, e sapendo quanto sforzo richiede questo sport, considero tutti dei grandi campioni, da Vincenzo Nibali al gregario, che ha un compito duro e faticosissimo.

Condividi la passione per la bici con un gruppo di amici?

Sì, da più di dieci anni ho un gruppo di amici con cui faccio uscite in bici e ho anche diversi colleghi appassionati di questo sport. Prima dei trent’anni era più raro trovare qualcuno con la stessa mia passione. Da piccolo eravamo davvero in pochi, così giovani, a fare ciclismo. Ricordo la difficoltà di trovare l’abbigliamento tecnico allora.

Come sei venuto a conoscenza di questa iniziativa?

Sono stati proprio alcuni amici a coinvolgermi, loro l’avevano già fatta in annate precedenti. Siamo partiti tutti insieme da San Marino sabato, dopo un pomeriggio di relax alle Terme di Rapolano, abbiamo alloggiato in un bed and breakfast vicino a Gaiole in Chianti e abbiamo cenato con un’ottima chianina, per prepararci adeguatamente alla fatica del giorno successivo.

Come ti sei allenato alla gara?

Non c’è una preparazione specifica. Serve un buon allenamento, un buon fondo perché arrivare a traguardo è davvero molto dura. Il dislivello del percorso lungo (209 chilometri) supera i 3.500 metri ed è pieno di strappi brevi ma impegnativi. Lo sterrato aumenta la difficoltà.

Sei un collezionista o un ciclista “contemporaneo”? Come ti sei procurato le attrezzature e l’abbigliamento adatto all’occasione?

Direi più un cicloamatore. Non colleziono pezzi particolari. Mi piace la bicicletta come mezzo di svago e di attività fisica.

Per L’Eroica ho chiesto ad un amico di prestarmi la bici, un modello degli anni Ottanta, perché ne serviva una con caratteristiche specifiche: leve del cambio sul tubo obliquo del telaio, fili dei freni esterni al manubrio e fermapiedi e cinghietti per i pedali.

La maglia era anch’essa in prestito, un pezzo originale degli anni Settanta: di lana e a sponsor unico, niente a che vedere con l’abbigliamento tecnico di oggi.

Fra il ciclismo di oggi e quello a cui si ispira l’Eroica quali sono i cambiamenti più significativi?

I mezzi più di tutto. La bici è cambiata profondamente, ora sono in fibra di carbonio, leggerissime confronto a quelle in acciaio che si usano a L’Eroica.

Inoltre le bici d’epoca nascono con dei rapporti che sono molto più duri rispetto a quelle attuali e richiedono quindi più sforzo. Anche l’abbigliamento tecnico e le strade asfaltate fanno  la differenza.

Resta comunque uno sport di grande fatica e che richiede una vera passione.

Foto da: cyclingweekly.co.uk

Foto da: cyclingweekly.co.uk

Che cosa distingue questa gara da altre che hai fatto?

Trovarsi alla partenza, in mezzo a migliaia di persone vestite e equipaggiate con biciclette d’epoca riporta indietro nel tempo, ci si cala in un’atmosfera “in bianco e nero”. Anche chi segue la gara, organizzatori e fotoreporter, usano mezzi e accessori vintage.

Poi il paesaggio naturale bellissimo, con le strade sterrate immerse fra le vigne.

Una menzione speciale la meritano i ristori, invece della solita bibita dolce che trovi nelle altre gare, qui ti danno un bicchiere di Chianti e un piatto di ribollita, salsicce e cantucci che dopo la fatica si apprezzano particolarmente.

Più che una gara è una cicloturistica, un raduno di appassionati, perché l’ordine d’arrivo non è importante, a chi partecipa basta arrivare al traguardo.

Raccontaci la tua Eroica

La partenza è stata attorno alle 6, chi fa i 135 e i 209 chilometri parte prima che sorga il sole, quindi deve attrezzare la bici con le luci. Superata la prima salita si passa per il Castello di Brolio, dove la strada è illuminata dai ceri per illuminare la via. L’effetto è molto suggestivo.

Ricordo che la parte più difficile è stata attorno a metà gara, dopo aver superato Siena inizia un lungo tratto in cui le pendenze sono ripidissime e la strada è sterrata. Alcune salite le ho fatte in sella, ma in altre non resta che scendere e spingere per brevi ma intensi tratti, delle dieci persone che avevo intorno solo in due sono riuscite a salire a pedali.

Sono arrivato a Gaiole alle 18.00, partito con il buio e tornato con il buio dopo 12 ore di fatica, con qualche veloce sosta ai ristori. Ero stanco, sudato, coperto di polvere e con le lacrime agli occhi per essere riuscito in questa impresa. Neanche quando ho fatto la 9 Colli ho faticato tanto.

Sono riuscito a terminare la gara senza grandi problemi tecnici. Avevo attrezzato la bici con i copertoni, così sullo sterrato non ho forato, al contrario dei miei amici, molti dei quali avevano i tubolari e si sono dovuti fermare anche sei volte, per sistemare le forature. Lungo la strada si incontra tanta gente ferma che aggiusta le ruote o altre piccole rotture.

Gli Eroici hanno dei tratti distintivi?

Ognuno ha la sua storia e le sue particolarità da mostrare, i più coerenti hanno mezzi con tutti i pezzi originali, abbigliamento e accessori risalenti ad uno specifico stile ben riconoscibile. Si vedono bici dell’Ottocento accanto a quelle degli anni Ottanta, nell’insieme si può ripercorrere un arco di tempo molto vasto.

E tu: quale tratto particolare ti rende un Eroico?

Sono tenace e ho spirito di sacrificio.

Il nostro territorio è molto apprezzato dai ciclisti. Pensi che un evento simile potrebbe trovare spazio anche da noi?

Ci mancano le strade sterrate, ma in quanto a paesaggi, soprattutto verso le colline marchigiane, non abbiamo niente da invidiare alla Toscana. E anche per i ristori potremmo cavarcela ottimamente. Quindi perché no, sarebbe bello provarci!